Documento della GNR (Guardia Nazionale Repubblicana) del 2 marzo 1944. Il verbale registra con preoccupazione il blocco completo delle partenze delle corriere: sta per cominciare nelle città lo sciopero generale contro la guerra. Nessuno dovrà andare in fabbrica o in ufficio. Un'operazione concertata tra il CLN torinese (Comitato di Liberazione Nazionale) ed i comandi partigiani delle vallate. I testi originali dei verbali erano corretti in più punti perché venivano prima riassunti e poi trasmessi ogni mattina al comando generale della GNR a Brescia.
Un altro rapporto della GNR, in particolare dell'Ufficio Politico Investigativo (UPI). Si tratta di una serie di segnalazioni circa movimenti di partigiani e riunioni di comandanti in case private. La testimonianza di un'intensa attività ribellistica nel piccolo comune di Cumiana. Contiene alcune inesattezze: "Canavassa" invece di Canalassa, "Val Chisone" al posto di Val Chisola, "Piazza Vecchi" in luogo di Piazza Vecchia, mentre il generale "Pacone" si chiamava in realtà Papone. Però è preciso per quanto concerne i tempi e le modalità degli incontri riservati ("... alle ore 11 è arrivato...rimase fino alle ore ore 16,30...). Il verbale pare più frutto di delazioni che di indagini vere e proprie.
I rapporti della GNR sono conservati in originale presso: Istituto piemontese per la Storia della Resistenza e della società contemporanea Giorgio Agosti, fascicolo C 64.
31 marzo 1944. Silvio Geuna, tenente dell'ex regio esercito, animatore della prima banda partigiana in Cumiana - la Banda Geuna appunto - e` arrestato nel duomo di Torino, in piazza San Giovanni, luogo convenuto per una riunione del CMRP (Comitato Militare Regionale Piemontese), organo di consulenza militare del CLN, di cui lo stesso Geuna fa parte. Nell'immagine, il verbale del suo interrogatorio in questura.
Si trova in: Archivio Istoreto, fondo Isrp. Fondi originari: Prima sezione [IT-C00-FD17438]
Dal libro di Valdo Fusi, nel suo celeberrimo Fiori rossi al Martinetto:
"In via Garibaldi mi imbatto in un giovane con barba e baffi neri, piccolino, vispo, occhi che bucano, atletico. È un tenente degli alpini. Si chiama Silvio Geuna. È l'uomo che cerco perché prenda il mio posto al comitato militare. Non gli ho mai parlato prima di quel mattino. Ma l'avevo ascoltato in una lontana manifestazione della Gioventù Cattolica. Mi aveva lasciato un'impressione enorme. Un'anima rara, un cavaliere senza macchia e senza paura, una verve caustica e sottile".
Al momento dell'arresto Geuna ha nella borsa un piano di lanci aerei destinati a varie formazioni in Piemonte e in Val d'Aosta. Nell'elenco è previsto anche un lancio da effettuarsi sopra Cumiana e indirizzato alla sua banda. Miracolosamente, Geuna riesce a stazzonare i fogli di carta e a liberarsene senza dare nell'occhio, prima che arrivi il cellulare sul quale vengono caricati tutti i fermati.
Nell'archivio di Istoreto potete trovare in digitale i documenti del processo al CMRP di Torino, noto anche come Processo Perotti.
http://www.metarchivi.it/dett_fascicoli.asp?id=10852&tipo=FASCICOLI
Per conoscere l'intera vicenda del CMRP si veda qui:
https://www.anpi.it/libri/68/fiori-rossi-al-martinetto-il-processo-di-torino-aprile-1944#:~:text=Il%20processo%20di%20Torino%3A%20aprile%201944,-di%20Valdo%20Fusi&text=Nella%20vasta%20letteratura%20e%20nella,per%20il%20suo%20tono%20antiretorico
"La verità su Cumiana"
Il 3 aprile 1944 a Cumiana, cinquantuno civili vengono trucidati per rappresaglia dalle SS italiane e tedesche del VII battaglione Waffen Miliz presso la cascina Riva di Caia.
L'efferatezza della strage segna profondamente l'opinione pubblica e una parte degli stessi ambienti fascisti repubblicani torinesi, tanto da indurre i tedeschi a pubblicare, circa un mese dopo, un volantino propagandistico oggi conservato dall'Archivio di Stato di Torino nel fondo archivistico del comandante partigiano Giuseppe Falzone, ma anche in molte famiglie cumianesi. L'esemplare qui riprodotto appartiene ad un archivio di privati.
Alle 11 del 1° aprile i partigiani della vicina Val Sangone attaccano un reparto di quaranta delle SS, che si erano fermate a presidio di Cumiana dopo un'azione di rastrellamento. Al termine dello scontro, che porta alla morte di un partigiano e di un fascista, trentadue SS italiane e due sottufficiali tedeschi si arrendono e vengono fatti prigionieri.
La risposta nazifascista è spietata: nel pomeriggio del 1° aprile reparti tedeschi e fascisti danno alle fiamme diverse abitazioni di Cumiana e prendono in ostaggio 150 civili, concentrati presso l'Istituto Salesiano delle Cascine Nuove, ponendo ai partigiani un ultimatum per la restituzione dei prigionieri entro le 18 del 3 aprile, pena l'esecuzione degli ostaggi.
I partigiani decidono di accogliere l'ultimatum. Ma quando la loro delegazione giunge a Cumiana la strage è già avvenuta e cinquantun uomini sono stati barbaramente trucidati. Infatti i tedeschi, per ragioni ancora oggi non del tutto chiare, decidono di procedere con le esecuzioni prima della scadenza dell'ultimatum. Le trattative dei giorni seguenti portano alla salvezza dei restanti ostaggi, un centinaio, in cambio dei prigionieri nazifascisti.
Il volantino preparato dagli uffici di propaganda tedeschi circa un mese dopo si apre con un titolo a caratteri cubitali, “La verità su Cumiana”, e con una domanda retorica, nella quale il tono propagandistico assume l’aspetto dell'ironia, per concludersi con una frase che pare sintetizzare in maniera epigrafica la ferocia dell'ideologia nazi-fascista: “Adesso basta! Alle violenze distruttive del banditismo rispondiamo con la violenza salutare dell’ordine”.
In mezzo, una serie di notizie false, contraffatte od edulcorate che, per fornire una sorta di giustificazione ad un eccidio di civili talmente orrendo da aver perfino scosso la coscienza di molti fascisti repubblicani, costruiscono una realtà parallela e distante dal reale svolgimento dei fatti: per l'appunto “La verità su Cumiana”.
Testo rielaborato dal commento originale presente presso:
https://archiviodistatotorino.beniculturali.it/larchivio/didattica/la-strage-di-cumiana/
Riproduzione di un buono di prelevamento. Proviene dall'archivio privato del partigiano Bartolomeo Romano, della Val Sangone. Si tratta di una ricevuta emessa per il prelevamento di un capo bovino del signor Domenico Martoglio della frazione Coccorda di Giaveno, ai piedi della Colletta. È firmato dal "Ten. Carlo" cioè Carlo Asteggiano, ufficiale dell'ex regio esercito, di stanza in Francia, rientrato in Piemonte e comandante, insieme a Nino Criscuolo, altro ufficiale salito in montagna, della banda "Nino e Carlo" proprio a sottolinearne il doppio comando. Saranno dapprima alla Moncalarda di Cumiana poi a Prafieul, sopra Giaveno. Il buono di prelevamento, regolarmente pagato, reca sul verso il timbro del Ministero dell'Agricoltura e Foreste.
Rievocazione di un'audace azione partigiana su Torino. Nella notte tra il 17 ed il 18 settembre 1944 gli uomini di Fausto Gavazzeni ("Rossi") compiono un'incursione nella caserma della polizia ausiliaria situata in via Pesaro 15 a Torino. L'azione parte dalle Grange di Cumiana, sede della banda, e si snoda attraverso la città non senza contrattempi e ritardi. Alla fine però i partigiani riescono a sorprendere le pattuglie di ronda e a penetrare all'interno della caserma. Dopo aver tagliato i cavi telefonici, "Rossi" e i suoi immobilizzano oltre cento militari ancora immersi nel sonno; il bottino è ingente: 95 moschetti, dieci mitra, tre mitragliatrici Isotta Fraschini, tre casse di bombe a mano, due di munizioni oltre a coperte e materiale vario. Alle tre e mezza del mattino i partigiani escono dalla caserma portando con sé il comandante, il colonnello Giglione, incredulo e insonnolito, che verrà successivamente rilasciato in cambio di prigionieri in mano fascista. All'alba tutto il commando è già di ritorno a Cumiana. L'operazione si è svolta senza sparare un colpo.
Il rocambolesco episodio è qui rievocato sul numero unico di "Noi alpini della Val Chisone" un opuscolo voluto dai comandanti della divisione "Adolfo Serafino" in omaggio ai caduti e alle loro famiglie, pubblicato alla fine del 1945. L'autore di questo articolo è Ettore Sisto, che dopo la guerra sarà un affermato avvocato.
La relazione di un'altra coraggiosa azione dei partigiani cumianesi. Si tratta, questa volta, del sabotaggio della linea ferroviaria Torino - Pinerolo, utilizzata praticamente solo per trasporti militari. L'incursione si svolge la sera del 1° ottobre 1944, a poche centinaia di metri dallo scalo di Piscina, in direzione Pinerolo. Vi prendono parte, fra gli altri, Gianni Daghero ("Lupo") il comandante della Banda Guastatori, affiancato dai suoi uomini tra cui Erminio (Erminio Long). Data la pericolosità dell'azione, l'attacco è appoggiato da compagni di altre formazioni cumianesi: Lorenzo Vanossi ("Alpi"), Foresti, Aventino Pace, ma anche da Adolfo Serafino ("Fofo"), che morirà un mese più tardi a San Martino di Cantalupa, e altri ancora. Un primo tentativo non riesce per la forte reazione dei repubblicani di guardia alla stazione. Dopo alcuni minuti, l'operazione riprende con maggior impeto e ottiene il successo sperato. Saltano in aria cento metri di binari. Il bilancio è di tre feriti, ma tutti gli uomini tornano alla base, sulle montagne di Cumiana: al Ciom, all'Arp della Domenica (sopra la Costa), alla Verna.
La relazione si trova in originale presso Istoreto, Istituto piemontese per la storia della Resistenza e della società contemporanea Giorgio Agosti - B55 Diario Vanossi.
Alcune riproduzioni tratte dal "Diario Obert".
Franco Obert, di Piscina, classe 1925, partigiano nella divisione "Adolfo Serafino" scrisse una personalissima cronaca di quei giorni. E la corredò con disegni molto suggestivi, espressione di un autentico talento artistico.
Tratteggiò momenti tristi, e momenti lieti: le lunghe ore di guardia, gli scontri col nemico, i funerali notturni dei compagni caduti, ma anche l'ingresso al castello delle contessine Provana alla Costa di Cumiana. Dosando fascinazioni ed ironia in una mescola sapiente e, per noi, a distanza di tanti anni, ancora densa di emozioni.
Il diario è inedito. Ne abbiamo ottenuto copia grazie alla cortesia del nostro amico Gian Vittorio Avondo di Pinerolo, che ringraziamo.
Non è una cartolina come le altre, ma un documento curioso e raro. La contessa Cristina Provana di Collegno, erede di una delle famiglie aristocratiche più antiche del Piemonte, invia un affettuoso saluto al capitano inglese Pat O'Regan, invitandolo a cena. La contessa scrive anche a nome della sorella Giuseppina, e del comandante partigiano Lorenzo Vanossi (“Alpi”) che nel palazzo della Costa aveva insediato il proprio quartier generale negli ultimi mesi della resistenza. È da leggere per intero perché mostra tutta la benevola affinità che si era creata lavorando a fianco dei partigiani cumianesi e della divisione “Adolfo Serafino”.
Il castello pur occupato in parte da radiotelegrafisti austriaci al pianterreno, tra il settembre 1944 e l'aprile '45 accoglie stabilmente Vanossi, il capitano O'Regan ma anche altri patrioti in cerca di rifugio. Un rischio elevatissimo che però sortisce risultati importanti. I comandi Alleati e il CLN piemontese infatti conoscono in dettaglio i movimenti delle truppe tedesche e della repubblica sociale, carpiti attraverso i dispacci dei radiotelegrafisti nemici. Ma non è tutto: le contesse Provana inforcano le biciclette e protette da nomi di copertura (Marzia Fioramonti per Cristina e Claudia Gravina per Giuseppina) percorrono in lungo e in largo le strade fra Cumiana, Pinerolo, la Val Chisone e Torino portando messaggi per i partigiani.
Ma la guerra ormai è finita, la cartolina è inviata il 20 maggio al capitano, mentre questi si trova ancora in zona. Verrà presto destinato ad altri incarichi in estremo oriente, dove il conflitto è ancora in corso, sempre per conto dei servizi segreti di sua maestà britannica di cui fa parte. Pat O'Regan morirà nel 1961 a Parigi, in circostanze non chiare.
Infine un'ultima annotazione. Non vi sfugga la ridente ironia della frase in cui la contessa Cristina dice: “...sono rossi, ma buoni”, alludendo sì ai fragoloni del suo giardino, ma più verosimilmente ai “rossi” che ormai sono divenuti avversari politici nella nuova Italia democratica. E con cui ora si dovranno fare i conti.
L'originale si trova presso LHCMA, O'Regan papers, Kings College London.
Pubblicato nel 2014 in Simone Baral - Matteo Comello Pat O'Regan, Michele Ghio e gli altri, Roma, Editoriale Artemide, con la prefazione di Alberto Cavaglion e la collaborazione della fondazione Orso di via Roma 11, Mario Dellacqua e della sezione ANPI "Michele Ghio" di None.
24 aprile, sera.
Il CLN, ormai riunito in permanenza, ordina l'applicazione del piano E-27:
«Aldo dice ventisei per uno – stop – Nemico in crisi finale – stop – Attuate piano E 27 – stop – Capi nemici et dirigenti fascisti in fuga stop – Fermate tutte macchine et controllate rigorosamente passeggeri trattenendo persone sospette – stop – Comandi zona interessati abbiano massima cura assicurare viabilità Forze Alleate su strada Genova-Torino et Piacenza-Torino – stop»
In base al piano insurrezionale a suo tempo elaborato dal CMRP, dovevano essere impegnati nella liberazione di Torino due gruppi di forze: quelle cittadine articolate in 5 settori con 1865 uomini di pronto impiego e 7130 di secondo impiego e quelle partigiane provenienti dal di fuori: 4 divisioni "Autonome" ("Giovane Piemonte", "Monferrato", "De Vitis", "Val Chisone") con un totale di 1100 uomini, 5 divisioni garibaldine (la, 2a, 3a, 4a, 13a) con 3300 uomini, 5 divisioni "Giustizia e Libertà" (3a, 4a, 6a e un gruppo operativo mobile) con 1500 uomini, 3 divisioni "Matteotti" ("Canavese", "Collina", "Monferrato") con 1500 uomini. Le forze autonome, le garibaldine delle Langhe ed eventualmente le due divisioni "Giustizia e Libertà" del Cuneese con un complesso di 3900 uomini dovevano servire di riserva strategica.
Ada Gobetti così ricorda:
"Uscendo dal Geo, siccome non ero distante, pensai di passare un momento da Bianco per avere le ultime notizie. E l'ispirazione era giusta perché capitai in un buon punto, in pieno consiglio di guerra. C'erano tutti; Mario Andreis, Nada, Penati, i responsabili dei vari servizi cittadini. È giunto un ordine (Aldo dice 26x1) per cui pare che l'insurrezione dovrà avere inizio dopodomani. Gli operai occuperanno le fabbriche, le squadre d'azione cacceranno via tedeschi e fascisti con l'aiuto delle formazioni partigiane che contemporaneamente da tutte le parti caleranno sulla città. È essenziale fare presto perché la liberazione avvenga prima dell'arrivo degli Alleati che si stanno avvicinando: affinché trovino tutto in ordine e il nuovo governo popolare solidamente impiantato".
[Ada Gobetti, Diario partigiano]